
I Parieti di Matteo Santoiemma, quella Murgia fra sentimento e scommessa
Avrei detto la “Puglia che mi piace”. Fatta di storie e di persone. Di storie di persone. Ma non basta. Perché quando sei a cena in Masseria Santoiemma tutto acquista un sapore autentico e di altri tempi. Convivialità, empatia, tradizione dello stare bene insieme, accoglienza, belle maniere, quelle che a volte si dimenticano e che proprio per questo motivo acquistano un valore ancora più grande ed amplificato. E allora ti ritrovi a cena con degli “Sconosciuti” che in pochi minuti ti fanno sentire già a casa. Una di Famiglia. E ti senti esattamente nel posto giusto. In una masseria in terra di Puglia con quel venticello fresco che segna la fine di una giornata calda e soleggiata, quasi a simboleggiare la giusta “ricompensa del contadino”. Tutto quasi avvolto da un’aura incantata, quasi immersi in una dimensione parallela che sa di buono. E che recupera quei valori che tanto ci sfuggono di mano, tante volte, ma che fanno la differenza, sempre. “Avrei detto la Puglia che mi piace, ma non basta”, dicevo. Perché in realtà è stato un “summit” di produttori di vini naturali proventi dal nord al sud del nostro bel Paese. E di naturale c’era veramente tutto. A partire dai Vini I Parieti di Matteo Santoiemma, motivo della mia visita.
Un sentimento, una scommessa. Voglia di riappropriarsi della propria Terra. Voglia di fare la differenza nella propria terra. Così Matteo si racconta, con la luce negli occhi di chi crede in un progetto, in un’idea, nella sua idea, nella sua creatura. Di chi ha le idee ben chiare su ciò che deve essere e simboleggiare il suo Vino. Una storia di Famiglia, un tributo al nonno e a quegli alberelli di primitivo del 1959, dai quali Matteo produce nettare rosso e rosato. Siamo a Gioia del Colle, nella Murgia fra Bari, Taranto e Matera, a 400 m s.l.m.. In quell’altopiano carsico, e quindi ricco di acque in profondità, in quei terreni ricchi di rocce sedimentarie e di argille in superficie. E di questo i suoi Vini parlano e devono parlare. Di Territorio. Come se si stesse leggendo un libro che ti racconta la storia di un popolo, che ti descrive ogni minimo dettaglio, anche quello che ai più può sfuggire, perché apparentemente marginale. E che ti riporta in quei posti quasi fosse una macchina del tempo. E lo stesso nome “I Parieti”, ovvero i famosi muretti a secco tipici della Puglia (oggi patrimonio dell’UNESCO), lo testimonia. 4,8 ha di vigneto fra Minutolo, Verdeca, Fiano ed, ovviamente, Primitivo. Un’agricoltura biologica con i soli trattamenti concessi di rame e zolfo ed una fermentazione spontanea. E poi una passione smisurata. Queste le chiavi di lettura dei suoi Vini. Parlavo di “scommessa”, si. Perché Matteo non vuole seguire “il gregge”, ma vuole trovare il perfetto equilibrio nella sua interpretazione di quei grappoli che nascono dalla terra. E se è vero che un Vino nasce in vigna ed è soggetto a quel determinato contesto e a quel determinato ambiente pedoclimatico, nulla allora è lasciato al caso da Matteo anche nella scelta dei nomi dei suoi Vini.
Scazzaridde, termine dialettale con cui negli anni ’20 si era soliti indicare i mulinelli di vento che si formano sulla terra prima di un temporale. 34% minutolo (in minima parte macerato), 54% verdeca, 12% altri bianchi autoctoni. Ed in quel dorato già si avverte il caldo sole di Puglia in un’esplosione di sensazioni odorose che avvolgono e seducono, inebriano e ti proiettano in quei campi fertili forieri di benessere e ricchezza e delimitati da quei muretti a secco frutto di dedizione e lavoro (come tutte le cose fatte bene, d’altronde!). Un’esplosione di frutta a polpa bianca sovramatura ed anche in confettura che entra a gamba tesa e ti conquista. Quasi fosse un passito. E poi affiorano piano piano delicate, ma persistenti, note di macchia mediterranea. Setoso e morbido. Ma mai scontato, ben bilanciato da quella freschezza tipica che solo quella brezza che accarezza la vigna in territorio murgiano riesce a dare, quella concentrazione di sentori che solamente quelle importanti escursioni termiche fra giorno e notte riescono a conferire. Un finale amaricante che quasi stupisce ed interrompe il sorso, ad intervalli, e chiude una beva per nulla scontata ma che piuttosto stupisce per la sua versatilità. E che per quei suoi tratti così particolari ti dà la possibilità di gustarlo lentamente e di prenderti i tuoi tempi, in relax, anche senza avere l’ansia della “perfetta temperatura di servizio”, gradevolissimo (e forse ancor di più!) anche da bere ad una temperatura di 12°-14°.
Carparo è l’altro bianco di Casa Santoiemma. 95% di minutolo macerato e 5% di verdeca. Una macerazione che parla chiaro silenziosamente con il suo “orange”. Netta la sua mineralità e quel richiamo alle rocce sedimentarie che nutrono e cullano la vigna fino a farla partorire nei caldi mesi estivi. Pulito il suo sorso e lunga la sua persistenza.
E poi arriva lui. Corvello: il rosato da primitivo che non ti aspetti. Perché, che dir si voglia, il primitivo è un’uva che poco si presta alla vinificazione in rosa. Troppa concentrazione di frutto, che inevitabilmente, non rende snello il sorso e lo chiude in una bevuta che quasi stanca. Ma c’è sempre l’eccezione che conferma la regola. Come questa. Un rosato da primitivo di insolita freschezza (seppur siamo abituati alla freschezza del Primitivo di Gioia del Colle), e che risulta di così piacevole beva con quelle sue nuance aranciate accattivanti che ti invitano alla degustazione e ti incuriosiscono, per trovare, poi, conferma in un sorso agile nel quale riecheggia costantemente quel pepe rosa quasi fosse in grani sulla lingua a far vibrare la beva con ritmo costante senza mai abbassare la guardia. Chiude un leggero finale amaricante.
E poi si sale di “grado” con la degustazione di due versioni di Primitivo, base e Riserva (ottenuto, questo, dagli storici alberelli del ’59). Entrambi espressione, inequivocabilmente, di quella Murgia che Matteo ci tiene a valorizzare, entrambi espressione seppur con le differenze del caso, il primo di maggiore beva ed il secondo, gioco forza essendo una Riserva, di maggior struttura e carattere, di quel progetto che Matteo segue, persegue e accompagna mano nella mano come fosse un figlio da educare fino alla maggiore età.
In apertura si parlava simpaticamente di “summit” di produttori di vini naturali. E così la degustazione, grazie ad un padrone di casa impeccabile e ad un abbinamento food davvero succulento, è proseguita con i Vini di Denis Montanar, che dal suo Friuli (Villa Vicentina, UD) ci ha fatto degustare il suo Uis blancis, un blend di tocai friulano, sauvignon blanc, pinot bianco e verduzzo friulano ed il suo rosso da merlot e cabernet sauvignon, la bollicina metodo ancestrale e l’aglianico di Antonio Cascarano di Camerlengo (Rapolla, PZ) e i catarratti diversamente vinificati (anche macerati) di Roberto Bruno di Francesca Barracco (Mazara del Vallo, TP).
Tutto questo a simboleggiare il perfetto connubio fra un buon calice di Vino e la Convivialità di cui questo si fa sempre fautore. La Magia che questo mondo crea. Sempre.
I Parieti di Matteo Santoiemma, quella Murgia fra sentimento e scommessa.
Sempre benvenuta in Masseria, Simona.
Molto volentieri, Matteo!