
Brunello di Montalcino Gorelli 1989: un giovanotto di 31 anni con nerbo
Ed oggi parliamo di Brunello!
1989 l’annata in degustazione. Azienda Gorelli. Siamo a Montalcino (40 km a sud di Siena!), ovviamente, in Località Due Portine.
L’Azienda, oggi, vede una nuova era con Giuseppe Gorelli, enologo, – figlio di Giancarlo, per le mani del quale nasce la stessa – per anni consulente tecnico del Consorzio del Brunello di Montalcino e di molte aziende del territorio, e che nel 2017, dopo essersi dedicato alle aziende di Famiglia, “Due Portine” e “Le Potazzine”, decide di dar vita ad una nuova azienda, omonima, affittando 4 ettari di vigna di età compresa fra i 20 ed i 40 anni e di dedicarsi, così, alla sua Vigna ed al suo Vino.
Facile dire Brunello. Complesso il suo disciplinare che stabilisce l’immissione sul mercato non prima dei cinque anni, a decorrere dal 1° gennaio successivo alla vendemmia di quei grappoli di Sangiovese “brunello” (sei per la Riserva). Un affinamento in contenitori di rovere per almeno due anni e ulteriori 4 mesi (6 mesi per la Riserva) di riposo in bottiglia. Quel disciplinare che segna nel 1980 l’anno della sua DOCG (già DOC 1966), da quel lontano 1888, anno di nascita di uno dei Vini più longevi in Italia.
Un Vino, quello degustato, che necessita di aprirsi per poter essere apprezzato. E, allora, qualche ora di attesa… e, poi, via alla degustazione.
E, così, a cuor caldo e di primo acchito direi austero… come tutti i Brunelli, d’altronde. Come quella fortezza che domina la cittadina medievale di Montalcino.
Un colore che seppur nel suo granato con riflessi aranciati, mostra ancora quello spessore di un Vino che ha ancora voglia di evolversi nel tempo, con una limpidezza sconcertante. Bellissima la sua trasparenza con un cuore che non accenna ai 31 anni di vita di questo ragazzo che non si vergogna della sua età. Ma che mostra, già alla vista, consapevolezza del suo “spessore” e di un animo ancora “fanciullino”.
Riservato, senza apparenti eccessi, quasi composto ed educato. Per, poi, inebriarti di quel bagaglio olfattivo che esplode in maniera esponenziale. E quella speziatura, di pepe nero e chiodi di garofano, si intensifica sempre più e cede il passo, anche dopo l’assaggio, nei sentori di bocca, a chiodi di garofano ed importanti note terrose. Domina il cuoio. E la frutta in confettura farà da ago della bilancia nell’equilibrio fra acidità e morbidezze. E poi, ancora, sorso dopo sorso, bacche di ginepro ed un finale di bocca piacevolmente balsamico, di liquirizia.
Un tannino integrato, ancora lì, presente, a portare alto il nome di un Brunello, che in questo si differenzia, e che regala ancora una delicata astringenza.
Un Vino che non accenna quasi a morbidezza, e che conserva i tratti tradizionali, seppur evoluti, di grinta e spalla acida, e che, però, nella sua complessità offre una degustazione anch’essa “in evoluzione”, regalando dopo qualche sorso anche quella sensazione di setosità sulle labbra.
Un ragazzotto di 31 anni che ancora – mi permetto di dire – non è maturo e per il quale il suo ciclo vitale non è giunto al capolinea, ma che può regalare ancora grandi emozioni.
Un Vino degustato in abbinamento a tagliatelle con salsiccia di maiale, zucchine, crema di parmigiano e peperoni cruschi.