La Ribolla Gialla di Collavini: ai limiti del metodo Charmat

La Ribolla Gialla di Collavini: ai limiti del metodo Charmat

Siamo in Friuli Venezia Giulia, a Corno di Rosazzo, provincia di Udine.  In Via Ribolla Gialla. E che fai? Non assaggi Una Ribolla Gialla?!? 😉

E’ il 1896 quando Eugenio Collavini, fondatore della medesima Azienda (allora situata a Rivignano, 40 km a sud-ovest di Corno di Rosazzo), inizia a produrre Vino, principalmente da uve Pinot Grigio, che avrebbe riservato alla classe benestante di Udine.

La storia si evolve e si giunge, poi, alla fine degli ’70 quando Manlio Collavini, nipote di Eugenio, ed attualmente alla guida dell’Azienda insieme ai figli Giovanni, Luigi ed Eugenio, si dedica alla spumantizzazione della Ribolla Gialla. Ed è così che da quei primi 4,5 ettari, ai quali se ne sarebbero aggiunti in seguito altri ha 11, dedicati alla ribolla come base spumante, nasce insieme a quegli acini accarezzati dal sole e dalla Bora – grazie alla quale si spazza via l’umidità atmosferica, in quei terreni così particolari tali da garantire una adeguata e regolare disponibilità idrica (il terreno tipico del Collio e dei Colli Orientali, tra Udine e Gorizia, ad una altitudine compresa fra i 100 e i 350 m slm, è chiamato Ponca!) – il Signore della Ribolla Gialla.

Un’uva autoctona e quindi tipica di quei luoghi quasi al confine con la Slovenia. E allora in cosa si sarà distinto Manlio nella vinificazione di queste uve dai tratti quasi orientali? Nell’aver osato a produrre un metodo Charmat, che Charmat non è. O meglio, per evitare incomprensioni con chi legge, un metodo Charmat nel quale si vuole dare un’impronta di Metodo Classico. Il Metodo Collavini. E di cosa si tratta? Vi starete chiedendo.

La bolla in questione, una Ribolla Gialla in purezza (Brut millesimato 2016, 12% vol.), dopo una prima fermentazione, parte in acciaio e parte in barriques, inizia il suo lento viaggio fermentativo in autoclavi orizzontali per un periodo mai inferiore ai 30 mesi. Con un ulteriore affinamento in bottiglia per 12 mesi prima di essere messa in commercio. Un “approccio” sicuramente inusuale per uno Charmat che punta piuttosto sulla prontezza della beva e su quella fragranza fruttata e floreale proprio tipica di uno Charmat!

Ma queste non sono solamente mere tecniche di vinificazione descrittive che tendono a gonfiare con le parole e far creare quell’effetto reboante e ridondante su una “nuova tecnica” produttiva. Perché vi assicuro che vista e gusto lo confermano.

E, allora, già alla vista, seppur il colore sia un giallo paglierino che però nasconde timidamente un riflesso verdolino, il suo perlage quasi incanta. Fine, elegante ed incredibilmente lunghissimo. Come fosse un “buon” Metodo Classico. E del Metodo Classico ha anche quella rotondità, quella morbidezza e quella setosità che fa scivolare sulla lingua il sorso. E se, probabilmente, il naso lascia dubbiosi, in una degustazione alla cieca, sulla tipologia di bolla con la quale abbiamo a che fare, poiché delicato e fragrante, al gusto quei sentori delicati di frutta esotica prendono confidenza e ti fanno capire nel tempo, sorso dopo sorso, che in quel calice si nasconde e poi si palesa un rapporto intimista con l’Uomo che l’ha creata. Un finale leggermente amaricante di pompelmo chiude la beva ed offre un wine paring con una calamarata allo scoglio con ricciola in umido. Ideale, anche, con un antipasto di gamberetti in salsa rosa.

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