
I vini Santa Lucia ed il loro Gazza Rubina
Più volte ho avuto l’occasione ed il piacere di degustare i Vini dell’Azienda Agricola Santa Lucia e ciò che si è subito palesato è stata quella “ricchezza morale” che si cela, e si svela poi spontaneamente, in Azienda.
Perché quella di Santa Lucia è una Storia che affonda le sue origini nel lontano ‘600 (esattamente nel 1628), quando vengono edificati dei muretti, oggi simbolo dell’Azienda, per mano di un operaio ingiustamente incarcerato e poi scarcerato una volta dimostrata l’infondatezza delle accuse; da qui l’edificazione dei muretti da parte dell’uomo come segno di riconoscenza.
L’Azienda Agricola Santa Lucia, una realtà di circa 15 ettari (piante di ulivo di qualità coratina incorniciano il vigneto!) in località Santa Lucia, ad ovest di Corato, a circa 300 m s.l.m., produce oggi circa 50.000 bottiglie dai vitigni autoctoni Nero di Troia (DOC Castel del Monte; DOCG per la Riserva), Bombino Nero, Aleatico, Negroamaro e Fiano di Puglia (tutti IGT Puglia) e da Malbec come internazionali. Un’agricoltura biologica avviata nel 2009, con certificazione bio dal 2016, permette una qualità indiscussa di produzione. I vini vantano, inoltre, un’importante esportazione in America.
Una particolarità: un legame biunivoco unisce Roberto (Roberto Perrone Capano, l’uomo che si “nasconde” dietro l’Azienda Agricola Santa Lucia), imprenditore napoletano di origini pugliesi, là dove sorge il Castel del Monte (situato ad appena 20 km dai vigneti) di Federico II, lo “Stupor mundi”, fondatore dell’Università di Napoli, la seconda più antica d’Italia.
Ad aprire le danze della degustazione in oggetto (ottobre 2017), una mini verticale di Gazza Ladra (IGT Puglia), Fiano di Puglia. Dubbie le origini del vitigno, contese fra Puglia e Campania. Ma, “in medio stat virtus”, la risposta risiederebbe, infatti, a metà strada: il fiano irpino, dunque, deriverebbe da allevamenti in Puglia per poi trovare il suo habitat nei terreni irpini, dove si esprime a livelli di eccellenza. Rimane indiscusso, in ogni caso, il differente percorso dai fiani di Puglia che segue il Fiano di Santa Lucia, con un’impronta che guarda la sua vicina Campania. Vini che sorprendono per la straordinaria freschezza e la cui filosofia aziendale, come sottolinea Roberto, vuole che siano vinificati senza mantenere alcun residuo zuccherino.
Ma veniamo alle annate degustate.
Gazza Ladra 2016 – Un paglierino con venature verdoline ed una bella brillantezza annunciano piacevolissime note agrumate di lime e pompelmo. Eleganti florealità di tiglio ed erbe aromatiche confermano la grande attrattiva di sorprendente ed invitante freschezza. Bella la dialettica gusto-olfattiva tra avvolgenza e spiccata freschezza che chiude con un finale fruttato in cui ritorna il limone, per un vino che non tradisce le aspettative.
Gazza Ladra 2015 – Il paglierino si spoglia dei suoi riflessi verdolini e si intensifica la brillantezza. Anche al naso acquista complessità. Apre la nocciola che pian piano cede il passo a note agrumate e di frutta esotica, fra tutte l’ananas. Grande ampiezza al palato e persistenza allungata. Ottima la sapidità, per un vino che in questo millesimo risulta arricchito e cresciuto tanto in complessità olfattiva quanto gusto-olfattiva.
Gazza Ladra 2013 – Il bagliore dorato lascia presagire un vino dalle grandi aspettative. Un vino rafforzato in cui le note agrumate mantenendo la bella freschezza vengono avvertite a gelatina. Importanti note di terziarizzazione, idrocarburi, speziatura e la quasi affumicatura fanno da protagonisti. Un grande naso con un ritorno costante di note di miele. Il Vino mantiene acidità che si presenta incorporata in una dimensione fasciante per un finale di bocca balsamico, lungo, di grande espansione e rotondità con un guizzo di mineralità. Gazza Ladra 2013, “Musica e Primavera” così come nelle parole di Perrone Capano.
E se Gazza Ladra stupisce per la sua straordinaria freschezza e serbatoio di odori, grande pathos ha offerto la degustazione delle due mini verticali a base di nero di troia. Il Nero di Troia, un “vino difficile e duro, estremo e da intenditori”- come sottolinea Perrone Capano. Un vino, però, dalle “grandi potenzialità” come il grande Veronelli lo definì negli anni ‘90. Tante le considerazioni in merito, impossibile rimanere indifferenti. Ma vediamo nel calice come questi vini si presentano.
Protagonista della prima mini verticale dedicata al nero di troia è “il Melograno”, DOC Castel del Monte. Il vino fermenta in serbatoi di acciaio inox e successivamente compie la f. malolattica. Consta di un affinamento per 8 mesi in botti di rovere da 35 hl ed altri 8 in vasche vetrificate. Completa l’affinamento in bottiglia per 6 mesi. Il Vino prende il nome dalla presenza in vigna di melograni con cui le uve condividono la stessa difficoltà di allevamento.
Primo in degustazione il Melograno 2013 – Alla vista si presenta rubino con tratti purpurei di giovinezza, consistenza non eccessiva. Gentile e fine al naso, predominano sentori di prugna, mora di rovo e di gelso. Piacevolissime nuances floreali di rosa ed una leggera speziatura dolce di cannella. Completano il quadro olfattivo, note di liquirizia ed un delicato accenno di tabacco. Interessante il gioco di acidità con tannini gentili. Vellutato e delicato seppur dal portamento deciso per un vino agli inizi della sua carriera.
Il Melograno 2012 – Il vino pur mantenendo i suoi colori giovanili si presenta con un frutto denso leggermente più maturo, a tratti sotto spirito. Tabacco e legno nobile con sfondo terroso e cenno di grafite si plasmano armonicamente con la speziatura di cannella e pepe nero. Di grande personalità il suo assaggio, profondo e vellutato, con un tannino che rinviene durante la degustazione con grande astringenza e freschezza. Continuo il dialogo fra frutta e spezia con chiusura piccantina.
Il Melograno 2010 – Grande luminosità del suo granato per un vino di carattere in cui note fruttate, floreali e speziate si presentano in totale armonia. Importanti le note di anice stellato, tabacco dolce, liquirizia e mora di rovo in confettura. Un vino potente e dal tannino deciso, con una bella freschezza balsamica pur presentandosi con una veste vellutata. Impressionante al naso ed ancor di più al gusto, ha davanti a sè una lunga evoluzione.
E se Perrone Capano definisce il suo nero di troia “un sigaro cubano”, non possiamo non chiamare in causa la “Riserva Le More”, DOCG Castel del Monte. Importante è sottolineare il periodo di affinamento di 18 mesi in barriques francesi di rovere allier e tronçais da 228 lt, oltre a 13 mesi in bottiglia.
Riserva Le More 2012 – Granato di grande concentrazione e splendida luminosità con una consistenza di maggiore importanza. Un vino signorile, composto e convincente in cui spiccano note di ciliegia sotto spirito, amarena, caffè e liquirizia. Vellutato al palato, Riserva Le More del millesimo degustato fascia la bocca con classe. Irruente con guizzo fresco/sapido e di notevole persistenza. Scattante, dinamico e pieno di energia, per un vino perfettamente intessuto.
Riserva Le More 2011 – Il granato perfetto del 2011 si fa conoscere subito per le sue note terziarizzate, balsamiche, di tostatura su fondo floreale. Perfetto equilibrio ed intelaiatura tannica. Notevole caratura con finale lungo di liquirizia e alloro e ritorni balsamici. Un vino cangiante con proiezione verso il futuro.
La Riserva Le More 2010 chiude la degustazione del nero di troia di Casa Santa Lucia e ci parla delle sue grandi evoluzioni e del suo grande carattere. Importante il granato fitto ed elegante, importante la consistenza. Il naso prezioso ci inebria con mora sotto spirito, ciliegia, liquirizia, coriandolo, anice stellato in un amalgama riuscitissimo. Il tannino maturo testimonia la perfetta maturazione polifenolica. Riserva Le More 2010, “una squadra di rugby che avanza” (cit. Perrone Capano).
Fatto questo lungo excursus gusto-olfattivo e sottolineando la grandezza di ogni singola etichetta, in una degustazione che si è tinta di dorati riflessi e di tutte le sfumature del rosso, con un ricordo ancora vivido tengo a sottolineare la degustazione di Gazza Rubina 2015, IGT Puglia (13,5% Vol. + 5% residuo zuccherino).
Dulcis in fundo. E già… non sono solo parole. L’aleatico degustato presenta una nobiltà innata nella trasparenza e si veste di un granato di grande luce. Alloro e salvia e poi ancora mandorla a marzapane. Ed arancia candita. Straordinario equilibrio e seducente sensazione di avvolgenza. Ottima freschezza per un vino che non stanca, “stupisce e piace” (cit. Perrone Capano). Si, stupisce. Esattamente per quella grande freschezza che accompagna un vino di grande struttura, di importante morbidezza e delicata dolcezza che poche volte ti aspetti di trovare in un calice di passito pugliese e che chiude una degustazione che fino all’ultimo sorso non delude e che ti suggerisce il sorso successivo in un crescendo di emozioni. Ideale vino da meditazione, ottimo in abbinamento a dolci di mandorla.